martedì
16 giugno 2015
Teatro
Gobetti
Torino
– via Rossini, 12
La
Parola padre
di Gabriele
Vacis
regia Gabriele Vacis
regia Gabriele Vacis
scenofonia
e allestimento Roberto
Tarasco
coordinamento
artistico Salvatore
Tramacerecon Irina
Andreeva (Bulgaria), Alessandra Crocco (Italia), Aleksandra Gronowska
(Polonia), Anna Chiara Ingrosso (Italia), Maria Rosaria Ponzetta
(Italia), Simona Spirovska (Macedonia)assistente
alla regia Carlo
Durante
training Barbara
Bonriposi
tecnico Mario
Danieleorganizzazione
e tournée Laura
Scorrano
Lo
spettacolo è prodotto da Cantieri
Teatrali Koreja nell'ambito del Progetto Archeo.S., finanziato
dal Programma
di Cooperazione Transfrontaliero IPA Adriatico. Lead Beneficiary
Teatro Pubblico Pugliese
Premio Best Actress Apollon 2012 XI International Theatre Festival Apollon di Fier, Albania
Premio "Adelaide Ristori" (Mittelfest 2014) migliore attrice a tutte le interpreti
Premio Best Actress Apollon 2012 XI International Theatre Festival Apollon di Fier, Albania
Premio "Adelaide Ristori" (Mittelfest 2014) migliore attrice a tutte le interpreti
presentato
nell'ambito di Focus
Creazione Italiana Contemporanea in
collaborazione con Teatro
Stabile di Torino
“La
parola padre” è uno spettacolo che raccoglie tempi e spazi in un
presente vivo. Un palco ingombro di gioventù che solca lo spazio in
schiera accanto ai trolley del loro viaggio, in fondo la scena
allestita di grossi contenitori di plastica per l'acqua, vuoti,
impilati a formare il muro che ancora divide l'Europa. A fianco una
ragazza seduta, parla in polacco, un'attrice dall'altro lato,
italiana, traduce, dietro uno schermo che riporta da Google translate
in inglese il testo che la fanciulla sta inviando al padre. In fondo
un guardaroba a vista con diversi abiti di vari colori. Il viaggio
attraverso il passato dell'Europa fra Italia, Macedonia, Polonia,
Bulgaria inizia con lo strazio dei tempi divelti che hanno diviso il
nostro continente fra i Paesi del blocco sovietico sottoposti al
regime comunista fino a 25 anni fa e il resto dell'Europa, vissuta in
un sogno infranto. Le sei ragazze alternano racconti del loro
passato, dei loro padri, delle assenze, delle presenze, delle
perdite, delle sconfitte, intrecciando in rimandi fra video, parole,
canti, azioni di abbandono, sconfitta, caduta e ricostruzione,
costruendo un tessuto narrativo che, rinunciando fin da subito alla
linearità, si lascia gustare nel momento presente, raccogliendo i
cocci di un passato vivo e presente, che ancora taglia. Lo spettacolo
di Gabriele Vacis parte da un lungo lavoro laboratoriale condotto con
i Cantieri Teatrali Koreja di Lecce ed approda al Festival delle
Colline con la scena intensa, confusa, composta e ricomposta di
suoni, visioni e incanti illuminotecnici da Roberto Tarasco. Per
tutto lo spettacolo la memoria collettiva delle ragazze d'Europa
attraversa il teatro, racconti che affondano in veri aneddoti, in
frammenti di storie, in sensazioni, in tentativi di recuperare loro
stesse. Per tutto lo spettacolo le attrici piangono, lasciano andare
il loro fardello, si confondono con la materia emotiva che sono,
restituendo un disarmante quadro di concreta verità a tutto ciò cui
assistiamo. Nulla è falso, nulla è scontato, niente è costruito:
l'incanto del lavoro di Vacis e Tarasco è proprio questa capacità
di dire senza artifici, di far emergere da sé senza forzature con lo
stupore dell'adesso, che tutta la platea percepisce. Uno spettacolo
vibrante, denso, complessissimo fatto di una scena modulare che viene
ricostruita e subito distrutta, disgregata e immediatamente
ricomposta: ferite che erompono e poi si riemarginano ma necessitano
di venire fuori. Dolente meraviglia scenica.
Alan Mauro Vai