20 novembre - 9 dicembre 2012
Teatro Astra
Via Rosolino Pilo, 6
ZIO VANJA
Scene dalla vita di campagna in quattro atti
traduzione Gerardo
Guerrieri
adattamento
e regia Emiliano
Bronzino
con Graziano
Piazza - Aleksandre
Vladimirovic Serebrijakov professore
a riposo
Fiorenza
Pieri - Elena
Andreevna
Maria
Alberta Navello - Sof’ja
Aleksandrovna (Sonja)
Lorenzo
Gleijeses - Ivan
Petrovic Vojnickij (Zio Vanja)
Mariano
Pirrello - Michail
L'Vovic Astrov
costumi Chiara
Donato /
luci Massimo
Violato
FONDAZIONE
TPE
Recensione di Alan Mauro Vai
La Fondazione TPE debutta al Teatro
Astra con la nuova produzione Zio Vanja di Anton Cechov, con un cast
di qualità e la regia di Emiliano Bronzino. Lo spettacolo viene
messo in scena nella nuova sala aperta al pubblico all'ultimo piano
del Teatro, denominata sala prove, uno spazio intimo adatto a
contenere fino ad un massimo di 49 persone. Il pubblico si raduna al
primo piano e viene accompagnato da un sapiente Virgilio alla visione
dello spettacolo; il meraviglioso stupore che incanta ciascuno è
palpabile nell'aria: una veranda intrecciata di spogli rami secchi è
lo scafandro ampio e inquietante in cui sono contenute le panche
scarne e dure preparate come sedili per il pubblico e sotto le cui
avvolgenti arcate di ferro arrugginito è inglobato senza soluzione
di continuità lo spazio scenico; un divano ottocentesco, una tavola,
due sedie e una dispensa di legno dipinte di uno spesso grigiore di
vernice, sono già lì, desolate, all'attesa, mentre una finestra di
legno è appesa alla parete di giunchi intrecciati, spiando il muro
della sala grigia. Le luci sospese sopra la gabbia di rami morti
creano un effetto di incredibile illuminazione sempre velata
dall'ombra che le fronde secche gettano sullo spazio. Ci sentiamo
stretti in una morsa di sospensione spettrale, come in una visione in
cui il tempo si sia fermato per sempre, ed ecco lo spazio è
fecondato di vita: Astrov entra in scena da un antro alle nostre
spalle, Zio Vanja, appare, come un fantasma da un'apertura tra i
rami. I personaggi del dottore e di Vanja sono magistralmente
contrapposti ed uniti: l'uno avvolto in un'aria di istrionica e
dolorosa consapevolezza ha molto ragionato sulle umane vicende e
conserva però una speranza guardando verso il futuro le generazioni
che verranno; l'altro è disilluso, smorto, disperato, ha compreso di
aver buttato la sua vita e non spera più nulla per il futuro,
vorrebbe ora qualcosa, disposto alla lotta a morsi e pugni per
conquistarlo, volgendo uno sguardo di amarissimo rimpianto per il
passato. Mariano Pirrello nei panni di Astrov è un motore
infaticabile di concentrazione e capacità di presenza e continuità
scenica, ed ogni volta che parla è palpabile la fascinazione verso
il pubblico, Lorenzo Gleijeses è uno Zio Vanja vagheggiante e folle,
intriso di un dolore disumano, di un'incredula scoperta raggelante:
aver gettato la propria vita. Entrano poi in scena gli altri
personaggi, in una camminata sontuosa e densa, come la loro capacità
di restituirci personaggi vivi, presenti, organici: il professor
Aleksander, il fermo Graziano Piazza, la forte e perseverante Elena,
Fiorenza Pieri, ed una magnifica Sonja, raddensata in una incredibile
Maria Alberto Navello, tecnicamente perfetta, e così leggera e
addentro, in punta di piedi, alla sua Sof'ja Aleksandrovna, da
incantarci completamente. Uno spettacolo intenso e sempre fluido,
senza fronzoli, né infingimenti, che va dritto al cuore del testo,
attuale e geniale nella sua capacità di esprimere conflitti
necessari, restituendocene il succo più immediato e concreto, denso
e pieno di una vita che raramente ci è dato da assaporare nella
relatà e spesso anche a teatro o sui grandi schermi; due ore di
totale rapimento in cui invisibili sono gli attori, ma emergono solo
le storie di profonda desolazione in un sovraumano sforzo di cercare
il modo per essere migliori. Incantevole!!