16-21 novembre 2010

CAVALLERIZZA REALE – MANEGGIO

Via Verdi 9 – Torino (TO)



UOMINI E TOPI

Recensione di Alan Mauro Vai

(giovedì 18 novembre 2010)


con
Enrico Dusio
Giovanni Anzaldo
Valentina Pollani
e con
Carlo Roncaglia: voce
Enrico De Lotto: contrabbasso
Giò Dimasi: percussioni
Vincenzo Novelli: chitarre

riduzione e adattamento per la scena: Emiliano Poddi
scene: Sergio Santiano
costumi: Monica Di Pasqua
arrangiamenti e musiche originali: Enrico De Lotto
musiche: Bob Dylan, Leonard Cohen, George Gershwin, Bruce Springsteen

disegno luci e grafica: Andrea Pagliardi
direttore di allestimento: Lorenzo Pavesi
organizzazione: Valentina Pollani

regia: Carlo Roncaglia


Il Maneggio della Cavallerizza è un luogo restituito alla cultura dopo anni di abbandono, un splendido spettacolo estetico, soprattutto perchè non è stata cancellata del tutto la sua precedente destinazione, fregi e spazi rimandano ancora al glorioso passato. I cavalli del Re venivano custoditi e curati in questo enorme spazio annesso a Palazzo Reale e nessun luogo potrebbe essere maggiormente adatto per mettere in scena un testo come “Uomini e Topi”, il celeberrimo romanzo di Steinbeck. che della vita nei ranch americani racconta una storia che risale agli anni trenta del xx secolo. Nel periodo della Grande Crisi, paragonabili per proporzioni e dissesti solo a quella attuale, tantissimi giovani americani cercavano fortuna lavorando stagionalmente nei ranch, covando nel cuore la luminosa speranza di acquistare un pezzo di terra e tirar su una fattoria tutta loro. Non fanno eccezione i due protagonisti dello spettacolo, che porta il medesimo titolo del romanzo, per la messa in scena del giovane gruppo torinese Accademia dei Folli, due braccianti completamenti diversi ma legati da una profondissima amicizia, uno avveduto e brillante, l'altro, gigante buono, rimasto ancora infantile e incosciente. L'adattamento drammaturgico di un romanzo è sempre un'operazione spinosa e spesso infruttuosa, ma la soluzione adottata da Emiliano Poddi rende chiara la sequela degli eventi ed il pubblico può seguire con agilità lo spettacolo. La scena è fin da subito dominata da un albero di metallo abitato dai musicisti (il bassista Enrico De Lotto, il chitarrista Vincenzo Novelli, il percussionista Giò Dimasi) e dal cantante, il regista Carlo Roncaglia, che eseguono in sintonia con gli eventi un repertorio legato alla tradizione della musica americana della prima metà del xx secolo, blues, country, struggenti ballate di sapore western. Per il resto la scena è vuota tranne per un lunghissimo nastro di plastica trasparente che si presta ad essere fiume o fieno o lenzuola d'amore, all'occorrenza. La forza dello spettacolo è tutta concentrata in dialoghi serrati tra Giovanni Anzaldo e Enrico Dusio, abilissimi in intrecci di battute, screzi, alterchi e situazioni divertenti, nel gioco di luci che ripropone alcune tipologie fisse in momenti differenti dello spettacolo. In definitiva, un concerto con spettacolo, in cui prevale un'atmosfera più che una storia narrata, un suono costante che domina l'aria e che ha il sapore di una visione presa da lontana di un periodo ben preciso che ha tantissime analogie con il nostro dolente presente, ma che forse non graffia abbastanza dentro, non ferisce con la forza di quella disperazione, della nostra disperazione.