10-14 novembre 2010

Teatro Astra

Via Rosolino Pilo 6

10121 Torino


VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE

Recensione di Alan Mauro Vai

(mercoledì 10 novembre 2010)

da Louis-Ferdinand Céline

di e con Elio Germano e Teho Teardo

musica dal vivo di Teho Teardo

al violoncello Martina Bertoni

luci Antonio Merola

FONDAZIONE TPE in collaborazione con MUSICA90



www.fondazionetpe.it



Il Teatro Astra regala sempre l'emozione di un viaggio a ritroso nel tempo quando varchi la soglia che dal foyer conduce in sala. Rami elettrificati di metallo, simili a capelli di Medusa, estrudono i muri portanti a ridosso della platea in un'irridescenza giallognola dal clima surreale. Alle pareti i pannelli decorativi insonorizzanti sono colpiti da un blu cobalto che danno l'impressione di una traversata onirica e là, nel bel mezzo del palco, nudo e vuoto, galleggiano tre sagome di luce fioca in cui si riconoscono le forme sinuose di un violoncello, una sedia vuota con un portatile e più a lato un tavolo scuro. In quest'atmsofera delicata e fragrante si presenta questa serata carica di attesa: Elio Germano, incoronato recentemente miglior attore a Cannes dopo parecchi lustri che ciò non capitava ad un artista italiano, si appresta a leggere uno dei capolavori della letteratura del novecento, quel "Viaggio al termine della notte" di Louis-Ferdinand Céline, che, come un coltello a pieghe vive, si insinua nello squarcio di una storia recente tra orrori, miserie, abiezioni e tragedie, monito e testimonio di un'epoca non troppo distante di barbarie e distruzioni. Al suo fianco un musicista e compositore italiano di fama internazionale, Teho Teardo, attivo fin dagli anni '80 nel panorama della musica colta e di ispirazione avanguardistica, ma conosciuto al grande pubblico soprattutto per le colonne sonore di film quali, "La ragazza del lago", "Il Divo" (Nastro d'Argento 2009) ed il recente "Una vita tranquilla". Un connubio che riporta subito alla dimensione cinematografica, sia nel taglio eidetico, raccolto e focalizzato, sia nel montaggio schematico e ritmico dell'avvicendarsi di suoni e parole. L'incipit dell'opera spetta ad un robusto Teardo accompagnato dalla precisa violoncellista Martina Bertoni, in loop, campionature, effetti e riverberi guidati con sapienza dall'elettronica dal vivo. Subito l'aria pesante di storie cruente si palesa in un approccio sonoro altrettanto carico e variegato, in un'altalena sinuosa di storie musicali. Elio Germano imbastisce di seguito un'inflessione dimessa e quasi sottomessa al testo, biascicando fin all'inizio ciò che non può essere sparato troppo fuori le righe, creando gradevoli effetti cromatici su di una voce perfetta per parole così dure. Non viene disdegnato anche l'utilizzo di artifici sonori per arrovellare la voce di Germano in un campo minato di vocali e consonanti snocciolate in un'esplosione di sfumature, ma solo per alcune pagine particolarmente profonde. Il botta e risposta tra Germano e Teardo, un po' troppo ritmicamente sistematici, consentono però allo spettatore di calarsi nella cupa amarezza di miserie e sofferenze del testo di Céline. Nel complesso un'esecuzione vibrante e piacevole, ma che forse avrebbe meritato un'amalgama più intenso e sincronico tra le parole di Germano ed il tappeto sonoro di Teardo, che restano invece isolati nei rispettivi cassetti armonici, senza tentare azzardi di intensità o voli a braccetto verso vette più emotive. Forse, commenta qualcuno alle mie spalle, ci si aspettava qualcosa di più...